martedì 6 febbraio 2024

Come settare a 50 Hz la frequenza di aggiornamento di un monitor con Batocera

Tempo fa venni casualmente a sapere dell'esistenza di una distribuzione Linux del tutto orientata all'emulazione di vecchi computer e console dotata di un'interfaccia molto semplice da usare da cui era possibile accedere tramite un "carosello" a un numero praticamente infinito di sistemi, già configurati a dovere. L'operazione più "difficile" richiesta all'utente era l'inserimento delle ROM dei giochi nelle apposite cartelle.

Ovviamente decisi di installare la distribuzione su una chiavetta e di provarla in prima persona. Sto parlando - sicuramente l'avrete capito - di Batocera. Tuttavia per mancanza di tempo la provai giusto un paio di volte per poi dimenticarmene... fino a pochi mesi fa, quando decisi di provarne una nuova versione su una nuova chiavetta sul mio nuovo (ormai non più tanto) PC. Con mio grande stupore notai l'introduzione di filtri che rendono l'esperienza molto vicina a quella delle macchine reali su hardware (televisori a tubo catodico) dell'epoca, il tutto con una fluidità impressionante (e ci credo: con quella potenza...).

Decisi allora di rispolverare anche la vecchia chiavetta per riprovare la vecchia distribuzione sul mio vecchio PC, sia per vedere se ci fossero anche i filtri, sia - in caso affermativo - come (ma soprattutto se) funzionassero a dovere.

I filtri non c'erano, e oltretutto restai deluso per la quasi totale assenza di fluidità nei giochi, nonostante fossero vecchi e stessi usando un monitor CRT. Questo problema non riguardava soltanto i giochi PAL (che girano a una frequenza (50 Hz) che molti monitor non "agganciano"), ma anche quelli NTSC. Probabilmente dipendeva dalla frequenza del monitor, settata credo a 75 Hz. La cosa assurda era che non riuscivo a modificarla dal monitor stesso, perché è un'operazione che va fatta dalla scheda grafica, ovvero dal PC.

A questo punto i miei ricordi si fanno un po' fumosi: non ricordo ad esempio se la mia versione di Batocera avesse più di una risoluzione selezionabile nelle impostazioni, ma sicuramente le opzioni disponibili non avevano risolto i miei problemi.

Decisi allora di cercare nella rete una qualche soluzione, sicuro che qualcuno avesse sollevato (e auspicabilmente risolto) il problema prima di me.

Purtroppo la maggior parte delle informazioni da me trovate riguardava versioni recenti di Batocera. Per la versione in mio possesso (5.20) c'era poco o niente.

Ma non mi sono arreso e alla fine sono riuscito, seppur con notevole dispendio di tempo e di energie, a risolvere il problema. Cercherò qui di seguito di riassumere come.

Innanzitutto, e questo vale per tutte le versioni di Batocera, è impossibile modificare le impostazioni del sistema operativo direttamente dal PC su cui sta girando. E' necessario connettervisi "da remoto", da un altro PC collegato alla stessa LAN (ovvero allo stesso router), sfruttando il protocollo SSH. Esistono vari metodi per farlo,  ma forse quello più basilare consiste nell'utilizzare un programmino che si chiama "Putty" e che va installato sul PC che si collega a quello su cui gira Batocera.

Nel campo "Host Name" va scritto "root@batocera.local:linux". In Connection type va selezionato "SSH".


Infine si clicca su "Open" o si preme semplicemente invio. Come password si inserisce "linux" (senza virgolette), e successivamente si preme Invio. Durante la digitazione della password il cursore non si muove: è del tutto normale!

Una volta stabilita la connessione bisogna digitare:

export DISPLAY=:0.0


seguito dalla pressione del tasto Invio.


Questo dovrebbe servire a settare come display il monitor del PC a cui siamo collegati (ovvero quello su cui gira Batocera). Successivamente si lancia un programmino che ci permetterà di modificare le impostazioni del monitor:


xrandr


Scrivendo:


xrandr -display :0.0 | grep "connected"


otteniamo le informazioni sul monitor connesso. Nel mio caso era:


VGA-1 connected primary 1024x768+0+0 (normal left inverted right x axis y axis) 312mm x 234mm


e tutte le risoluzioni da esso supportate. Quello che ci serve è quello che a me compare come "VGA-1", cioè l'identificativo del monitor (è il monitor collegato al primo attacco VGA).


Ora scriviamo:


cd /etc/X11/xinit/xinitrc


e diamo invio. Siamo così entrati nella directory "/etc/X11/xinit/xinitrc". Ora scriviamo:


cp xinitrc xinitrc_old


e diamo invio per copiare nel nuovo file "xinitrc_old" il file "xinitrc", che è più o meno il file di inizializzazione di X, un programma che gestisce l'ambiente grafico del sistema operativo su cui si basa Batocera (1).


Ora scriviamo:


nano /etc/X11/xinit/xinitrc


e diamo invio. Possiamo così leggere le risoluzioni attualmente disponibili nel nostro Batocera nonché quella da esso usata di "default" (nano è un editor di testo tramite cui apriamo il file xinitrc).

Facciamo finta che non ce ne sia neanche una che ci vada bene.

Vogliamo creare delle risoluzioni personalizzate che portino il monitor alle frequenze di 60 e di 50 Hz scegliendole possibilmente tra quelle indicate da xrandr (che dovrebbero essere quelle supportate dal monitor. Niente comunque ci impedisce di tentare, a nostro (e soprattutto del monitor) rischio e pericolo, con risoluzioni/frequenze più fedeli a quelle delle macchine che vogliamo emulare ma non supportate dal nostro monitor). Per farlo ci serve il comando "cvt".


Supponiamo di voler creare una risoluzione 1024x768 a 50 Hz. Digitiamo, seguìto da Invio:


cvt 1024 768 50


Il risultato da me ottenuto è stato il seguente:


1024x768 49.98 Hz (CVT 0.79M3) hsync: 39.63 kHz; pclk: 52.00 MHz

Modeline "1024x768_50.00"   52.00  1024 1072 1168 1312  768 771 775 793 -hsync +vsync

Una volta ottenuti questi dati ho aperto con "nano" il file xinitrc (nano /etc/X11/xinit/xinitrc) e ho inserito le seguenti righe:

xrandr -display :0.0 --newmode "1024x768_50.00"   52.00  1024 1072 1168 1312  768 771 775 793 -hsync +vsync
xrandr -display :0.0 --addmode VGA-1 1024x768_50.00
xrandr -display :0.0 --output VGA-1 --mode 1024x768_50.00

La prima riga setta una nuova risoluzione con i parametri ricavati dal lancio del comando "cvt" (la parte tra virgolette, che è l'identificativo della risoluzione (in questo caso "1024x768_50.00"), può essere modificata a piacimento, ma bisogna poi riportare la stringa esatta anche nelle due righe seguenti); la seconda aggiunge la nuova modalità ad X; la terza la setta come risoluzione del monitor.

Premiamo poi CTRL + S per salvare e CTRL + X per uscire da nano.

NOTA: Non ricordo con precisione, ma "a intùito" credo che lanciando i tre comandi sopra riportati direttamente dalla riga di comando si possa testare (ovviamente sul monitor del PC su cui gira Batocera) la risoluzione trovata. Se il quadro va via o se si perde il sincronismo ovviamente conviene tornare a una risoluzione funzionante ed evitare di aggiungere le righe al file xinitrc.

Ho poi creato una risoluzione 1024x768 a 60 Hz col seguente comando:

cvt 1024 768 60


Ho poi di nuovo aperto xinitrc tramite "nano" e aggiunto le seguenti righe:

xrandr -display :0.0 --newmode "1024x768_60.00"   63.50  1024 1072 1176 1328  768 771 775 798 -hsync +vsync

xrandr -display :0.0 --addmode VGA-1 1024x768_60.00

Ancora una volta salviamo (CTRL+S) e usciamo (CTRL+X).

Per riassumere, abbiamo aggiunto le seguenti righe:

xrandr -display :0.0 --newmode "1024x768_50.00"   52.00  1024 1072 1168 1312  768 771 775 793 -hsync +vsync xrandr -display :0.0 --addmode VGA-1 1024x768_50.00 xrandr -display :0.0 --newmode "1024x768_60.00"   63.50  1024 1072 1176 1328  768 771 775 798 -hsync +vsync xrandr -display :0.0 --addmode VGA-1 1024x768_60.00 xrandr -display :0.0 --output VGA-1 --mode 1024x768_60.00

La riga col comando "--output" è una sola perché una è la risoluzione visualizzabile dal monitor! :D In questo caso ho optato per quella a 60 Hz, ma nella pratica l'ho sostituita con quella a 50 perché ho notato che nel passaggio da 60 a 50 l'emulatore del Commodore 64 "impazzisce" e i giochi "scattano" come se andassero a 60 Hz...

NOTA: Dai miei appunti non capisco se poi ho aggiunto anche altre risoluzioni. In ogni caso sentitevi liberi di sperimentare, e se qualcosa andasse storto ripristinate il vecchio file xinitrc. Io comunque non mi assumo alcuna responsabilità in caso di danni ai vostri monitor e PC.

NOTA: Questo discorso riguarda la versione 5.20. Per le versioni più recenti il procedimento potrebbe essere diverso. Riporto qui di seguito quanto trovato tempo fa in rete (purtroppo privo di fonte perché non pensai a segnarmela...):

If you'd like to edit the display output, you can add your modification in a script /userdata/system/custom-es-config that will be automatically invoked by /usr/bin/emulationstation-standalone.

You can edit the file from SSH by running the following:

nano /userdata/system/custom-es-config

and then saving that file to /userdata/system/custom-es-config with [Ctrl] + [O].


Ma non è finita qui! Se infatti proviamo a riavviare Batocera scopriamo che nulla è cambiato dall'avvio precedente! Questo perché, nonostante i salvataggi, le modifiche al filesystem non sono permanenti. Per renderle tali serve lanciare il seguente comando:

/recalbox/scripts/recalbox-save-overlay.sh

NOTA: Nelle versioni più recenti il comando da lanciare dovrebbe essere il seguente:

batocera-save-overlay

Fatto ciò, riavviamo Batocera. Nel menu andiamo in "Games Settings" -> "Advanced" e per ogni console selezioniamo la risoluzione opportuna tra quelle che abbiamo creato (sperando che il programma non si impalli! :D). Poi avviamo il gioco e se tutto è andato bene dovremmo vederlo bello fluido!


(1) - https://wiki.debian.org/XWindowSystem


giovedì 6 novembre 2014

You Have To Win The Game

A chi è abituato alla grafica iperrealisticaa delle ultime produzioni videoludiche per PC potrà sembrare strano che i primi giochi per i cosiddetti "computer compatibili IBM" disponessero di soli quattro colori (Bianco, Nero, Ciano e Magenta, oppure Giallo, Nero, Verde e Arancione), oltre che di una risoluzione bassissima (320x200). Sono queste infatti le caratteristiche salienti dello standard CGA, dettato dall'omonima scheda video introdotta da IBM nel 1981 e utilizzato nei giochi usciti per MS-DOS negli anni '80. J. Kyle Pittman, l'autore di "You Have To Win The Game", eletto "Indie Game Of The Year" nel 2012, ha sfruttato proprio questo standard per la grafica del suo gioco, scatenando forti sentimenti di nostalgia negli utenti che hanno provato la sua creatura.

La versione che mi appresto a recensire è la conversione per Commodore 64 che ha seguito di qualche mese l'uscita dell'originale. Realizzata da Kabuto dei Latency è graficamente molto simile alla versione Windows (che non ho giocato), e anche musica ed effetti sonori sono fedeli riproduzioni di quanto proposto da Pittman a emulazione dell'altoparlantino interno dei PC dell'epoca, in grado di riprodurre soltanto una semplice onda sinusoidale.


Lo schermo dei titoli della versione Commodore 64



Il gioco comincia davvero in grande stile, con un effetto di "scaling" molto ben realizzato nello schermo dei titoli. Il protagonista è perfettamente manovrabile, il che rende estremamente godibili le sue peregrinazioni all'interno della non vastissima (ma noiosamente labirintica) area di gioco alla ricerca di sacchi di soldi e cuori dall'occhio bendato (simbolo della "Pirate Hearts", la software house che ha creato l'originale), evitando trappole e creature pericolose.


Non fatelo, se tenete ai vostri nervi!


Nel mondo in cui si svolge il gioco sono inoltre nascoste quattro sfere: due di esse fanno apparire delle piattaforme precedentemente nascoste; le altre due conferiscono al protagonista dei poteri speciali. Una volte ottenutele tutte e quattro sarà possibile raggiungere qualsiasi locazione, in perfetto stile Metroidvania, come dicono gli esperti.


Una delle locazioni più difficili da raggiungere.


Ogni volta che raccoglierete un oggetto o che visiterete una nuova locazione, il valore percentuale posto nell'angolo inferiore destro dello schermo aumenterà. Il vero finale del gioco è raggiungibile solo se questo valore arriva a 100, ma è possibile "vincere il gioco" anche con percentuali più basse. Ma, così come è possibile "vincere il gioco", è possibile anche perderlo, il che accade non all'esaurimento delle vite a disposizione (che sono infinite), ma se si raggiunge la stanza finale senza aver compiuto la missione...

Ma in cosa consiste questa benedetta missione? La risposta potrebbe turbarvi... Lo scopo del gioco è... ignoto! Sparse per il mondo ci sono delle scritte che fanno riferimento a un simbolo magico e a una parola magica. L'utilità di queste due entità è avvolta nel mistero. Sta al giocatore svelare l'arcano. A un certo punto del gioco, quando il valore percentuale sarà arrivato quasi a 100, vi troverete a vagare sempre per le stesse stanze, a evitare sempre gli stessi pericoli e a dare fondo a tutte le parolacce che conoscete nel vano tentativo di capire cosa cavolo dobbiate fare per vincere questro stramaledettissimo gioco.
Alla fine avvertirete molto distintamente la sensazione di aver perso una parte cospicua del vostro preziosissimo tempo e delle vostre energie, e di aver faticato inutilmente per superare, magari più di una volta, determinati passaggi che vi sembravano impossibili (in effetti alcuni punti si superano solo grazie a un bel colpo di fortuna).





Personalmente ho scoperto come si utilizzasse (e cosa fosse) il simbolo magico non grazie a un walkthrough, ma leggendo il commento di un utente su csdb, che si chiedeva il motivo di una certa strana cosa che gli era capitata durante il gioco. Da solo non ci sarei mai arrivato. E sicuramente non sono l'unico.
Tant'è vero che a un certo punto il gioco è approdato su Steam in versione riveduta e corretta...

Tirando le somme, la versione Commodore 64 di "You Have To Win The Game" è bellissima: conserva tutta la giocabilità dell'originale, di cui riproduce alla perfezione anche la grafica e il sonoro. Quello che non va è il gioco in sé: una volta raccolti tutti gli oggetti vi ritroverete a girovagare senza meta chiedendovi il motivo per cui non riuscite a vincere. Anche raggiungere il 100% è quasi impossibile (io mi sono fermato a 99.47%, e sono sicurissimo di aver esplorato tutta la mappa e raccolto tutti gli oggetti), e a un certo punto ci rinuncerete, a meno che vi piaccia farvi del male...

Insomma, scaricate pure il gioco, e provatelo. Ma se decidete di andare fino in fondo fatevi prima pagare!

giovedì 24 ottobre 2013

Un giorno al ViGaMus

Che il videogioco sia una forma d'arte è cosa ormai accettata anche dagli intellettuali più bacchettoni. C'è addirittura chi definisce queste meraviglie ludiche su cui nei primi tempi nessuno era disposto a scommettere neanche un centesimo "opere multimediali interattive".
E' quindi lecito pensare che come le opere di qualsiasi altro tipo anche i videogiochi abbiano bisogno di un museo che ne preservi e ne tramandi il valore artistico. Fino a poco tempo fa, se non erro, l'unico museo dedicato espressamente a questa forma d'arte era il Computerspiele Museum di Berlino. Da poco più di un anno ad affiancarlo c'è il ViGaMus di Roma!



Situato a circa 10 minuti a piedi dalla fermata Lepanto della Metro A e ubicato nei sotterranei di un palazzone (quasi fosse un dungeon di un RPG!), il ViGaMus, in uno spazio non proprio enorme, riassume la storia dei videogiochi dai primi esperimenti a tempo perso con un oscilloscopio degli anni '50 fino al successo commerciale delle console degli anni '80, passando per i primi Home Computer e dando brevi cenni soprattutto tecnici su quanto è intercorso tra la seconda metà degli anni '80 ai giorni nostri.
Seguendo i due percorsi "Pac-Maniani" paralleli disegnati sul pavimento rivivremo la storia di questa geniale forma di intrattenimento in ordine cronologico tramite i cenni, gli approfondimenti e perfino aneddoti e curiosità che accompagnano i pezzi esposti, che comprendono videogiochi, console, accessori e memorabilia varie.
Alcuni monitor posti vicino al soffitto proiettano dei filmati illustrativi che integrano quanto descritto dai pannelli informativi.


Gli oggetti esposti sono tutti parecchio interessanti. Io sono rimasto colpito dall'enorme quantità di console del passato di cui ignoravo l'esistenza, e dalla presenza di macchine di cui avevo soltanto sentito parlare, come lo Sharp X68000, di cui ho ancora pieni gli occhi, e il Commodore 64 GS, giusto per citarne due!



A completare il tutto, delle salette interattive piene di videogiochi da provare, come (in ordine casuale) "Puzzle Bobble 4", "Spelunker" (bellissimo!), "Metal Slug 4", "Metal Slug", "Street Fighter 2 Turbo" (credo), una versione bootleg (o almeno così mi è parso) di "Elevator Action Returns" della Taito), "The King of Fighters" (credo), "Fix it Felix Jr". (il gioco "protagonista" di "Wreck it, Ralph" della Pixar), e niente meno che il cassone originale di "Space Invaders"!!! Io non ho resistito, e l'ho provato, giocandoci fino a raggiungere il terzo livello, per il piacere di battere Toshihiro Nishikado, il suo creatore, che in un intervista proiettata su un monitor presente nel museo ammette di non essere mai riuscito ad andare oltre il secondo livello. Purtroppo il gioco è affetto da un "bug logistico": è posizionato in maniera tale che la luce posta alle spalle del giocatore rende invisibili alcuni punti nella parte inferiore dello schermo... Spero che lo risolvano prima del mio ritorno, così potrò cercare di superare il mio record!


Sono inoltre presenti alcune console su cui poter giocare a classici come "Gran Turismo", "Parasite Eve" (PlayStation), un gioco per XBox non meglio identificato ma inserito all'interno di una scenografia molto curata e "immersiva", "Kingdom Hearts" (PlayStation 2), un episodio di "Prince of Persia" (XBox), "Soul Calibur II" (GameCube, con arcade stick dedicato della Namco), un gioco di cui non ricordo il titolo per PlayStation 2, e un vecchio gioco di basket da bar intitolato "Dunk Shot". C'è anche il flipper di "The Addams Family"...


Sicuramente in questo veloce e poco dettagliato resoconto mi è sfuggito qualcosa, ma potrete rimediare voi stessi visitando in prima persona il ViGaMus!

venerdì 23 novembre 2012

Moustache King Adventure

Torno a parlare di Jajitsu, già autore di Jables' Adventure, perché di recente ha progettato e disegnato un gioco piuttosto interessante: Moustache King Adventure, con l'aiuto di Ryan Pietz (scrittura e progettazione), Arvi Teikari (programmazione) e Hyperduck Soundworks (musiche ed effetti sonori). Il gioco è stato realizzato per il concorso "A Game By Its Cover", che richiedeva la creazione di un gioco basato sul disegno di cartucce di giochi inesistenti (cliccando qui potrete vedere la cartuccia, realizzata da Niko Lanzuisi, che ha ispirato JaJitsu).

Lo schermo dei titoli con il logo ben in evidenza.

Il protagonista, tale Moustachio, a seguito di uno spiacevole incontro col baffuto re del suo Pease all'interno di una gelateria, prende la temeraria decisione di soffiargli il trono! Passano dieci anni, crescono i baffi, ma non è abbastanza. Per poter diventare il re baffuto Moustachio dovrà prima sconfiggere uno dopo l'altro i baffocrati del suo paese, a partire dal barone, passando per il conte, il duca e il principe per arrivare infine al sovrano supremo, colui che gli aveva arrecato quella imperdonabile offesa!
Nel corso delle sue peregrinazioni attraverso il regno il nostro Moustachio verrà aiutato dagli abitanti delle città che attraverserà come il barbiere, che gli sistemerà i baffi permettendogli di recuperare tutta l'energia, un ragazzino fotografo che gli consentirà di salvare i suoi progressi, e una sorta di aviatore (a giudicare dall'abbigliamento), che gli metterà a disposizione delle catapulte (e dei materassi per gli atterraggi) in grado di lanciare il nostro eroe da una città all'altra in maniera rapida e indolore.

Il ragazzino fotografo aiuta Moustachio a salvare i suoi progressi.

Se volete evitare brutti incontri, questo signore può darvi una "spinta"!

Le strade che collegano le varie città sono infatti popolate da slime colorati (e tutti rigorosamente baffuti!) che daranno parecchio filo da torcere al futuro re, nonostante la sua discreta abilità con i pugni... Fortuna che in seguito ad ogni scontro con uno dei baffocrati Moustachio otterrà una nuova tecnica che non solo gli consentirà di affrontare il nobile successivo in maniera più appropriata, ma anche di sbarazzarsi dei nemici in modo più semplice.

Il nostro Moustachio impassibile davanti alla carica di uno slime baffuto e cornuto! Lui sì che è un uomo (almeno fino ad ora)!

L'energia del nostro alter ego baffuto è rappresentata da lattine di cera per baffi. Confezioni extra gli saranno donate dai nobili una volta che li avrà sconfitti ma anche da alcuni micetti di proprietà di una ragazzina che, smarritili, investirà Moustachio del compito di ritrovarli. Trattandosi di gatti, immaginate bene che si saranno nascosti in posti non facilmente raggiungibili...

La ragazzina che ha perso i gattini. In effetti non sembra molto sveglia...

Purtroppo la giocabilità non aiuta... Anzi... Uno dei difetti di questo gioco è proprio la scarsa manovrabilità del personaggio, sia per l'elevato grado di inerzia che lo contraddistingue, e che rende complicati i salti millimetrici sulle piattaforme più piccole, sia per il fatto che sia impossibile fargli fare qualsiasi movimento durante l'animazione della "scazzottata". Spesso nei combattimenti vi sentirete del tutto in balìa dei nemici, soprattutto se dovessero accerchiarvi.
C'è da dire però che nonostante l'estrema difficoltà di controllo gli scontri con i boss, una volta capito come affrontarli, non sono impossibili come potrebbero apparire al primo tentativo; quindi con un po' di perseveranza (e qualche parolaccia) dovreste riuscire a vedere l'esilarante finale di questa avventura!

Moustachio all'ingresso di uno dei palazzi del potere presenti nel regno. Il fatto che volti le spalle alla porta non depone a favore della sua determinazione... (In realtà quel boss lo ha già sconfitto... :D)

Come avrete intuito l'umorismo è una delle componenti principali di Moustache King Adventure. L'unico problema è che lo slang utilizzato dai programmatori rende le battute meno immediate ed efficaci alle orecchie dei non-britannici...
Parlando infine dell'aspetto sensoriale del gioco, c'è senza dubbio da riscontrare una grafica molto pulita e ottimamente colorata, soprattutto nei fondali. Le musiche ricordano le sonorità dei giochi della PC Engine e sono composte e orchestrate in maniera a dir poco professionale!

Ma quello non è Jables? Sembra cresciuto! Ma perché Squiddy è più piccolo? Non si sarà disidratato!

In definitiva consiglio questo Moustache King Adventure agli amanti delle sfide estreme e a chi è dotato di grande pazienza. A tutti gli altri che comunque sognano di diventare dei re baffuti suggerisco di farsi crescere i baffi... Richiederà senz'altro molto più tempo, ma i vostri nervi vi ringrazieranno!

mercoledì 14 novembre 2012

Crakout


Alla maggior parte di voi il nome Jeroen Tel ricorderà sicuramente uno dei più apprezzati compositori di musiche per Commodore 64, ovvero uno dei componenti dei Maniacs of Noise. Ma in quanti sapevano che è anche autore di un gioco per PC?
Ebbene sì, Jeroen Tel si è occupato non solo delle musiche e degli effetti sonori, ma anche della progettazione dei livelli e di parte della grafica di Crakout, interessante giochino programmato da Robert Ramsay, responsabile anche del concept originale e del resto della grafica.

Lo schermo dei titoli: se proprio vogliamo trovargli un difetto possiamo osservare la scarsità delle opzioni. Ma fidatevi, il gioco è già bello così!

Il giocatore deve manovrare, tramite mouse e tastiera, un cannone spara palline colorate; tramite queste palline bisogna distruggere tutti i mattoni presenti sullo schermo. Detta così, Crakout sembra una sorta di miscuglio tra Puzzle Bobble e Arkanoid. In effetti lo è, con l'aggiunta di alcuni interessanti elementi che mi accingo ad analizzare.

Come potete immaginare, le palline possono distruggere solo i mattoni del loro stesso colore (che lampeggeranno per facilitarvi il compito di individuarli), rimbalzando su quelli di colore diverso. Ogni pallina inoltre può distruggere solo un certo numero di mattoni, dopodiché si "disattiva". Ad ogni lancio si ha a disposizione una pallina di colore diverso. Alcuni mattoni nascondono dei bonus, come ad esempio una bomba, in grado di distruggere un certo numero di mattoni presenti nel suo raggio di esplosione; un cuore, che regalerà al vostro cannone un po' di energia; una macchia di colore, che tingerà di un unico colore tutti i mattoni circostanti; e infine un arcobaleno, che vi concederà, nel turno successivo, una palla di color arcobaleno. Questa palla è in grado di distruggere i mattoni di qualsiasi colore, ed è quindi molto utile, e per questo va usata con saggezza, ad esempio per liberare mattoni inaccessibili di un certo colore e rendervi la vita più facile nei turni successivi.

Il primo livello in tutta la sua semplicità (e con un suggestivo effetto pioggia)!

Eh sì, in questo puzzle game c'è una piccola ma importante componente strategica: dovrete ricorrere ad ogni mezzo (rimbalzi particolari, palle arcobaleno, ecc.) per riuscire a completare ogni livello entro un certo tempo; quando il conto alla rovescia arriverà a zero infatti il vostro cannone inizierà a perdere energia, e quando l'energia sarà completamente esaurita il gioco avrà termine. Perderete energia anche ogni volta che la pallina toccherà un mattone di colore diverso dal suo oppure alcuni nemici.

Cosa ci fa Pacman nella "casetta" dei fantasmi con quell'espressione minacciosa???

Esatto, a complicare le cose ci saranno gli immancabili nemici, tra cui spicca il buco nero, che attira e risucchia le palline che dovessero capitargli vicino! Di tanto in tanto faranno la loro comparsa anche dei dischi volanti che con dei raggi di natura ignota modificheranno alcuni mattoni in modo da renderli più duri (per fortuna sarà possibile attaccarli con palline di qualsiasi colore); è comunque possibile abbattere gli UFO con pochi colpi ben assestati prima che facciano danni (ad esempio intaccando un mattone all'interno di una fila di mattoni dello stesso colore).

Un livello scelto a caso!

In alcuni livelli troverete anche alcuni oggetti particolari, come dei cuscini sferici che faranno rimbalzare le palline che vi tirerete contro, e delle "casse" di proiettili che trasformeranno le vostre palline in veri e propri pallettoni, velocissimi, quasi indistruttibili e soprattutto in grado di distruggere i mattoni di qualsiasi colore!

Tecnicamente parlando, il gioco è realizzato molto bene: la grafica fa il suo dovere in maniera perfetta con sprites e fondali molto ben disegnati (alcuni fondali in realtà sono fotografie ritoccate), effetti sorprendenti (la neve che si posa e che si scioglie) e una fluidità pressoché costante (tranne forse in rari momenti di sovraffollamento dello schermo); le musiche ricordano decisamente i migliori Maniacs of Noise, con melodie elaborate, funkeggianti e mai banali (peccato che la musica che accompagna il gioco sia sempre la stessa...), e gli effetti sonori sono molto coinvolgenti e realistici (basti pensare al rumore della pioggia che si infrange sui mattoni!). I livelli sono ben progettati, anche se forse un po' troppo semplici da risolvere... Ma questo non è necessariamente un difetto. Non so quanti ce ne siano (purtroppo nel bel mezzo della partita ho malauguratamente premuto "Esc", uscendo dal gioco...), ma sono davvero tanti (ovviamente parlo dei livelli, non dei difetti!)! Fortunatamente è possibile salvare e riprendere la partita in un momento successivo!

Questo è uno dei livelli che preferisco! Dovete assolutamente giocarlo per godervi la neve in movimento!

Detto questo credo di poter tranquillamente concludere che questa esperienza di Tel al di fuori dei confini della musica elettronica entro cui ci aveva abituati ad immaginarlo ha dato ottimi frutti! Quando uno è un genio...


N.B.: Al solito potete scaricare il gioco cliccando sulla parola "Crakout" (per comodità ho riportato il link anche in questa nota). Ho fatto questa precisazione perché temo che molti dei miei pochi lettori si perdano i link (sono presenti in tutte le recensioni) perché poco visibili a causa dei colori... Mea culpa...

martedì 25 settembre 2012

Un altro sogno!

L'ho fatto! Ci ho pensato per più di tre anni, da quando, in un mercatino di Roma (Porta Portese 2) comprai un joypad digitale da sacrificare per il mio scopo: la costruzione di un joystick arcade da utilizzare con le console della Sony!



Il primo joystick arcade che avevo costruito era sorto dalle ceneri di una tastiera PS/2, ed era quindi utilizzabile solo su PC e solo se il gioco consentiva la ridefinizione dei tasti. Con l'allargarsi della mia collezione di giochi per console (e di console...), le mie esigenze videoludiche crescevano in maniera proporzionale. L'acquisto di adattatori che consentivano di utilizzare i joypad per Playstation su praticamente tutti i tipi di console e su PC mi convinse definitivamente del fatto che la costruzione di un joystick arcade per Playstation avrebbe rappresentato il coronamento del sogno che avevo da bambino: giocare ai giochi arcade comodamente seduto nella mia stanza!
(NOTA: In realtà in teoria avrei già potuto farlo col MAME sul PC, ma utilizzare le ROM è illegale se non le si possiede. Molto meglio giocare alle conversioni per console, praticamente perfette, che invece possiedo)

Neanche stavolta il mio "spacciatore" di fiducia mi ha deluso: a me servivano soltanto 8 pulsanti perché avevo ancora il joystick "ball-top" (con la "cima" a forma di palla) che mi era avanzato dal frontale della volta precedente; tuttavia questo mitico signore mi ha dato un altro frontale completo, con due joystick "bat-top" (con la "cima" a forma di mazza), 8 pulsanti di gioco (quattro per giocatore, di colore rosso, giallo, verde e blu) e due, bianchi, di "servizio" (per la selezione del numero di giocatori).
La cosa interessante per me erano i joystick bat-top, che qui vedete in una foto tratta dal sito www.slagcoin.com:



Provando a maneggiarli mi sembravano molto più precisi, soprattutto nelle diagonali, rispetto ai ball-top; così avevo stabilito che il mio joystick universale sarebbe stato dotato di questo tipo di leva.

Purtroppo negli ultimi due e passa anni non avevo avuto molto tempo da dedicare a questo progetto, che si era perciò tristemente arenato; ma quest'estate avevo deciso di utilizzare le ferie per riprenderlo e possibilmente portarlo a termine. Qualche mese prima avevo scaricato alcuni layout dal sito che ho citato poco sopra; i problemi però erano due: non sono pratico di stampe da file, e non sapevo se le dimensioni del disegno una volta stampato sarebbero state quelle corrette; l'inchiostro, nuovo, della mia stampante si era probabilmente asciugato, visto che non riuscivo a stampare più alcunché... A quel punto ho deciso, per non perdere tempo, di crearmi un layout personalizzato (in realtà avrei voluto utilizzare il layout del mio joystick PS/2, ma non riuscivo a trovarlo). Trovata una posizione comoda per le dita, ho tracciato i cerchi per i pulsanti e per il joystick, e ho previsto anche due fori più piccoli per i pulsanti di Select e Start, che avrei realizzato con dei pulsanti normalmente aperti che avrei acquistato nel mio negozio di elettronica di fiducia. A tal proposito, ho optato per dei pulsanti leggermente più grandi di quelli utilizzati nel joystick precedente perché... mi piacevano di più!

Passato il layout a mio padre, mi ha costruito il "cassone" in legno, e l'ha anche verniciato di bianco! Quando sono andato ad avvitare i pulsanti però ho rischiato di farmela addosso! Due di essi sembravano troppo vicini, e i "fermi" si sovrapponevano... Temevo che dovessimo rifare tutto da capo... Invece, con un po' di spostamenti millimetrici, sono riuscito a far quadrare tutto... La prossima volta cercherò di non fare le cose troppo precise...
Un altro problema inaspettato si è però manifestato all'atto dell'inserimento del joystick: il bat-top risultava essere troppo alto per poter entrare nel cassone... Mio padre aveva suggerito una soluzione per aumentare lo spessore di quest'ultimo, ma non mi convinceva molto... e oltretutto avrebbe comportato un'ulteriore perdita di tempo... E' stato allora che mi è venuta l'idea di utilizzare ancora una volta il ball-top... E, pensandoci, tutti i coin op' a cui avevo giocato montavano proprio quel tipo di levetta... Un segno del destino? Forse! Ci ho messo parecchio per smontarlo, ma alla fine entrava perfettamente nel cassone! Ho avvitato pochissimo il bulloncino che tiene ferma la leva per aumentarne la sensibilità. Spero che non si smonti mentre gioco!!!

Finalmente era giunto il momento del sacrificio del joypad... Il "Super Mito" (che spero di riuscire a fotografare) dopo ben 3 anni stava per assolvere il suo compito... Dopo averlo smontato l'ho collegato al PC tramite adattatore per cercare di capire dove dovessi saldare i fili. Durante uno di questi test... il joypad si è fuso, e non c'è stato verso di farlo riprendere...

A quel punto ero praticamente sull'orlo della disperazione... Cosa avrei dovuto fare? Andare dai cinesi e comprare un joypad analogico Fony ma poi buttare la parte analogica? Oppure utilizzare il mio vecchissimo joypad digitale a cui ero anche piuttosto affezionato? Un po' a malincuore ho optato per la seconda alternativa... e in pochi secondi anche questo joypad mi offriva la sua scheda per testare i collegamenti. La logica in questo caso era diversa (ogni azienda li costruisce a modo suo), ma forse leggermente più semplice rispetto a quella del "Super Mito". L'unica mia perplessità riguardava le direzioni: si trattava di due contatti semicircolari separati da un canale isolante: per attivare il contatto bisognava mettere in comunicazione le due metà. I pulsanti invece erano composti da due specie di forchette che si incastravano senza però toccarsi: una delle due era collegata a un cerchietto di rame; l'altra a un contatto comune, facilmente individuabile sulla piastra. Quello che volevo fare era cercare il comune anche per le direzioni in modo da mettere tutti i comuni in serie e fare una sola saldatura sulla scheda. Nel tentativo però qualcosa doveva essere andata storta... e il joypad a un tratto aveva smesso di rispondere... Tragedia!!! Stavolta non c'era traccia di fusibili! L'unico elemento che poteva essere saltato era un condensatore! Stavo già pensando di andarlo a comprare nel pomeriggio presso il mio negozio di fiducia, e dato che per il momento non potevo proseguire ho deciso di rimontare il joypad e fare una pausa... Per curiosità una volta fatta questa operazione ho ricollegato il joypad al PC, e... funzionava!

(Questo è il joypad che ha "donato i suoi organi" al mio nuovo joystick arcade... E' un po' triste vederlo così, rimontato alla bell'e meglio, con la croce direzionale e i tasti storti...)


Smontato di nuovo il joypad potevo finalmente procedere con le saldature! Mi sono fatto aiutare da mio padre, ma il saldatore lo manovravo io. Ho iniziato dai tasti posteriori, più semplici da saldare, anche se l'area di contatto era piccolissima. Poi ho deciso di passare alle direzioni. E qui un altro dramma: lo stagno non riusciva ad aderire al semicerchio di rame... Ho dovuto ricorrere a YouTube, e ho capito che era necessario innanzitutto riscaldare per qualche secondo il contatto... La cosa funzionava, e così sono riuscito a completare le saldature sulla scheda.
Ho deciso di provarle prima di procedere. Ma, collegato il joypad al PC... non funzionava!!! La disperazione però in questo caso è durata poco: avevo semplicemente inserito male il cavo... Dovevo spingerlo di più! Tutto a posto quindi! Potevo procedere con le saldature ai pulsanti, molto più semplici ma comunque delicate, dato il groviglio di fili che si era inevitabilmente creato. In questo caso sono stato aiutato da mio fratello: ci abbiamo messo davvero poco, considerando anche che ho dovuto rifare un paio di saldature sulla scheda che nel frattempo si erano staccate (spero che non si stacchi più niente adesso...).

Una volta chiuso il cassone siamo andati a provarlo con Gunbird per Playstation 2: funzionava perfettamente!!! Non contento ho voluto fare qualche partita a Homura, sempre per Playstation 2! Come ero arrugginito!!! Non ricordavo più neanche come si giocasse... La differenza col joystick commerciale che usavo di solito era più che evidente! Molto meglio il mio! Sembrava di stare davvero in una sala giochi! L'unico problema è che dovrei sollevare un po' il monitor, ma la vedo dura (è posto in verticale, in equilibrio già precario)... Ma questo è un altro discorso... Ciò che più conta è che finalmente ho il mio bel joystick arcade universale e, cosa ancora più importante, l'ho costruito io!

(Questo sono io che gioco a "Homura" per Playstation 2 in tenuta casalinga... Molto probabilmente, a giudicare dalla faccia, ero infuriato...)

lunedì 7 maggio 2012

Ginormo Sword

Quando pensiamo a un gioco di ruolo, in genere abbiamo in mente un'impostazione di tipo giapponese, ovvero un universo ben dettagliato, spesso completamente inventato e poco coerente con la realtà e con la storia, dei personaggi ognuno con la propria personalità, il proprio passato e i propri obiettivi da raggiungere, una storia ben definita da cui non ci si può allontanare più di tanto; oppure una di tipo occidentale, di solito ispirata a una serie di giochi "da tavolo" (vedi D&D, giusto per citare il più noto), con personaggi inizialmente anonimi ma estremamente personalizzabili e accrescibili e orientabili in base al proprio gusto personale, combattimenti sempre più spesso in tempo reale e storie che si svolgono in contesti e ambientazioni più tipicamente fantasy.
Sono pochi i giochi che si discostano da questi canoni. Ginormo Sword è uno di questi.
Appartenente più propriamente alla sottocategoria degli hack'n'slash, programmato in un linguaggio atipico per il genere (flash) e dotato di una grafica piuttosto spartana, non dimostra subito le sue potenzialità. Il mondo di gioco è costituito da una mappa formata da 4x4 aree quadrate.
Ognuna di queste aree è composta da vari territori popolati da nemici. Per liberare ciascun'area è necessario ripulirne tutti i territori dalle creature malvagie che le abitano. Fatto ciò, sulla mappa dell'area diviene visibile la posizione del rispettivo boss che, come da manuale, va eliminato per poter passare all'area successiva.
Nella prima area è presente una locanda in cui è possibile prendere visione dell'equipaggiamento del nostro eroe. Man mano che esplorerete la mappa scoprirete che vi si possono trovare, nella maggior parte dei casi all'interno di negozi, vari tipi di spade, armature, incatesimi. Sono presenti anche varie botteghe: ad esempio nella terza area c'è un fabbro che, dietro pagamento, potrà aumentare la lunghezza e l'ampiezza dell'arma che utilizzate. All'inizio passerete quindi tantissimo tempo a sconfiggere nemici (è possibile tornare nei territori ripuliti, che nel frattempo si saranno ripopolati, per fare stragi e razzie che vi permetteranno di incrementare il vostro gruzzolo) e a potenziare le armi.
Sparsi qua e là ci sono anche dei templi che, in cambio di offerte sempre più laute, vi permetteranno di potenziare alcune caratteristiche del vostro personaggio (forza, intelligenza, fortuna, resistenza).
Nelle aree più avanzate del gioco alcuni boss rilasceranno, una volta sconfitti, delle pietre preziose che, a seconda del colore e quindi dell'elemento (fuoco, acqua, aria, terra, luce e oscurità) a cui appartengono, possono essere usate nell'apposita bottega per aumentare la potenza elementale dell'arma o la difesa elementale dell'armatura. Purtroppo aumentare la potenza e la difesa legata a un elemento vorrà dire diminuire quelle legate all'elemento opposto.
La lunghezza è quindi una delle caratteristiche di spicco di Ginormo Sword: di sicuro avrete bisogno di qualche giorno per finirlo (assicuratevi quindi che il vostro flash player sia impostato per il salvataggio dei cookies), e la noia potrebbe prendere il sopravvento, soprattutto quando vi vedrete costretti (e prima o poi succederà), data la straordinaria potenza di alcuni boss, a passare ore a potenziare il personaggio e il suo armamentario anche solo per riuscire a scalfirli e per non morire al primo colpo. Ma le sorprese non mancheranno! Mi verrebbe voglia di essere un po' più esplicito, ma mi limiterò semplicemente ad osservare che, man mano che lo giocherete, Ginormo Sword vi stupirà rivelando una profondità inimmaginabile al primo impatto con una grafica che sembra ricalcare quella dei vecchi giochi dell'Intellivision e con un sistema di controllo un po' scomodo (il personaggio si muove verso la posizione della freccetta del mouse)! E lo stupore sarà dovuto non tanto alla trama, che è appena appena intuibile, quanto allo schema e alle dinamiche di gioco!
Prima di immergervi nell'avventura però compratevi un mouse di scorta: vi servirà!
 
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